Imparare ad ascoltare il proprio corpo in profondità ci porta in contatto con una serie di segnali che, altrimenti, sfuggirebbero al nostro livello di coscienza.
Vivere riconoscendo questi segnali che spaziano dalla tensione, alla rigidità sino al dolore, ci consente di riconoscere quelli che sono gli aspetti in ombra sui quali lavorare, per risolvere di conseguenza quello che definiamo come sintomo.
Nell’articolo sulla colonna vertebrale, ho scritto dell’importanza dell’osso sacro come collegamento diretto con le nostre radici.
Per radici intendo tutto ciò che ha a che fare con la stabilità e la sicurezza.
Quando veniamo al mondo ci aspettiamo che la nostra sicurezza venga garantita dalle figure genitoriali e dall’ambiente in cui viviamo.
Crescendo, nessuno ci insegna a smettere di ricercare quella sicurezza in una fonte esterna e per questo, inconsapevolmente, ripetiamo degli schemi automatici di pensiero e comportamento che ci portano a ricercare la nostra stabilità in un partner, nella famiglia, nell’amicizia, nel denaro.
Perdiamo in questo modo il pieno contatto con la nostra sicurezza interiore, che inevitabilmente andrà riscoperta, attraversando dapprima delle fasi di profonda precarietà ed instabilità.
Questo è un processo inevitabile per arrivare alla radice del problema.
Quando ci sentiamo insicuri, tendiamo a non voler sentire emotivamente la sensazione di instabilità e, senza rendercene conto, cerchiamo qualcuno o qualcosa in grado di distogliere momentaneamente la nostra attenzione da quello che si manifesta per noi come un momento di disagio.
Sentire l’insicurezza fino in fondo, ci porta a trovare dentro di noi le risorse per crescere, migliorare ed accettarci così come siamo, senza volerci diversi e senza pretendere che gli altri ci accettino.
Quando sentiamo tensione al sacro, o avvertiamo dolore o facciamo esperienza di un trauma che intacca l’integrità di questa parte del corpo, veniamo richiamati a prestare attenzione al nostro senso di sicurezza.
Probabilmente stiamo vivendo delle esperienze che ci vogliono riportare a sentire emotivamente cosa è già accaduto in infanzia e che ci ha fatto sentire persi, senza alcun sostegno.
Anche problematiche legate alle emorroidi e alle ragadi ci riconducono sempre alla stessa tematica.
Come detto già in altre occasioni, i segnali del corpo seguono un’escalation: più la nostra tendenza sarà quella di non ascoltare i suoi messaggi e più la tensione farà spazio al dolore per arrivare in ultima analisi al trauma.
Il trauma è sempre una benedizione perché arriva all’improvviso (apparentemente) proprio per destare la coscienza della persona.
Quando ci mettiamo in gioco e facciamo qualcosa che esce fuori dalla nostra zona di controllo, potrebbero palesarsi delle tensioni a livello dell’osso sacro, proprio per permetterci di rivivere quell’esperienza passata ed evolvere in una nuova coscienza.
Questo si traduce nel dover necessariamente smettere di cercare all’esterno il proprio baricentro.
Per cui, alleviare il dolore e non ascoltarlo fino in fondo, non fa altro che posticipare il duro ma veritiero confronto con se stessi che, inevitabilmente nel corso della vita, tornerà a farsi sentire.
Si può essere sicuri di sé stessi solo dopo aver imparato a conoscersi.
Eppure, quante volte abbiamo creduto di essere sicuri e la vita inaspettatamente ci ha sorpresi con quelli che chiamiamo imprevisti?
Questo accade quando la nostra sicurezza è di natura mentale ma la vera sicurezza non ha nulla a che vedere con la razionalità.
Se il corpo si esprime attraverso la tensione o il dolore, è lí che bisogna andare ad indagare, stando in quel fastidio, non allontanandolo, fermandosi se necessario e rimanere in ascolto.
Magari non arriveranno risposte, ma la nostra attenzione verrà convogliata finalmente in qualcosa di importante, in ciò che davvero conta, perché il corpo parla e si fa sentire quando non viene ascoltato.
Il giorno in cui avremo imparato ad essere così attenti a noi stessi da permettere al corpo di espandersi liberamente per manifestare gioia, benessere ed integrità (INTERIORI), espressione della vera natura di ogni essere vivente, nessun sintomo verrà a farci visita.
“Un ragazzo, figlio di un contadino, durante una passeggiata in montagna, trovò tra le rocce un uovo di aquila. Tornato alla fattoria, lo mise nel nido di una chioccia. L’uovo si schiuse contemporaneamente a quelli della covata e l’aquilotto crebbe insieme agli altri pulcini. Per tutta la vita l’aquila si comportò esattamente come facevano i polli nel cortile, pensando di essere uno di loro. Frugava nel terreno alla ricerca di vermi ed insetti, chiocciava e schiamazzava, scuoteva le ali alzandosi da terra solo di qualche centimetro. Trascorsero gli anni e l’aquila divenne molto vecchia. Un giorno vide sopra si sé, nel cielo terso, uno splendido uccello che planava, maestoso ed elegante, sorretto dalle correnti d’aria, battendo appena le forti ali dorate. La vecchia aquila alzò lo sguardo, sorpresa. “Chi è quello?” chiese.
“E’ l’aquila, il re degli uccelli!” rispose un pollo che era lì vicino. “Appartiene al cielo, mentre noi apparteniamo alla terra.” E così l’aquila visse e morì come un pollo, perché pensava di essere tale.”
Tratto da: ” Messaggio per un’aquila che si credeva un pollo” di Anthony De Mello